Pubblicato il: 10/05/2017
da: Ing. Rolando Rosa
Il Primo Intervento per Rinforzare un Edificio al Terremoto: Migliorare la Qualità dei Muri!
Abbiamo visto nell’articolo “Il Terremoto e i danni sugli edifici in Muratura”, come la prima causa di crollo sia “l’inconsistenza dei muri”. Muri costruiti con materiali di recupero e/o scarsa qualità (ciottoli di fiume, pietre grezze non squadrate, mattoni vecchi, malta legante con poca calce e/o cemento e tanta sabbia) e con tecniche non adeguate (“muri a sacco” costituiti da due fodere scollegate di mattoni e/o pietra, riempiti all’interno con materiale vario di “scarto” come macerie proveniente da demolizioni, terricci, etc.). In questo tipo di costruzioni lo scuotimento del terremoto provoca un vero e proprio “sfaldamento” del muro, che porta al crollo dei solai e dell’intero edificio.
Quindi la prima cosa da fare per rinforzare un edificio è quella di intervenire sulle murature per migliorarne la loro qualità; questo, sia se si tratti di recuperare un fabbricato danneggiato che, preventivamente, se vogliamo rinforzarlo, affinché resisti nel miglior modo possibile ad una scossa di terremoto.
Esistono diverse tecniche per migliorare la qualità di una muratura, ognuna di queste sarà usata in funzione del livello e tipo di degrado e/o danneggiamento. Così se dobbiamo riparare un muro lesionato con alcuni mattoni rotti, una delle tecniche più usate è il cosiddetto “scuci e cuci”. Si tratta, come indica la stessa parola, di togliere gli elementi danneggiati e sostituirli con altri simili integri; questa tecnica è molto usata soprattutto nei casi di edifici di una certa “importanza” e in tutti quei casi dove è necessario salvaguardare l’aspetto storico e artistico sia del nostro fabbricato che dell’ambiente circostante.
Altri interventi di tipo “non invasivo”, che possono accompagnare il “scuci e cuci” sono le “iniezioni di miscele” e la “ristilatura dei giunti”. Si tratta in sostanza di ricostituire la compattezza muraria. Nel tempo infatti la malta, che costituisce il giunto tra mattone e mattone, tende a disgregarsi e a polverizzarsi a causa di diversi fenomeni primo tra tutti quelli di tipo atmosferico (cicli di gelo e disgelo, etc.).
Un altra tecnica utilizzata per ricostituire la compattezza del nostro muro sono gli “intonaci armati”. Si tratta di apporre delle reti di armatura nei due lati del nostro muro collegate tra loro per poi procedere con l’intonacatura. Questa tecnica ovviamente è molto invasiva e non può essere usata in tutti quei casi dove occorre mantenere la muratura a “faccia a vista”.
In tutte queste tecniche molto importante è l’uso di materiali “idonei”. Vanno applicate le giuste miscele, gli intonaci e le armature appropriate in modo da evitare in futuro qualsiasi problematica connessa al loro utilizzo (traspirabilità delle murature, umidità di risalita, etc.).
La Seconda cosa da Fare per Rinforzare un Edificio al Terremoto: Migliorare i Collegamenti dei Muri!
Abbiamo visto nell’articolo “Il Terremoto e i Danni sugli Edifici in Muratura” come in un edificio in muratura si ha una buona resistenza al terremoto quando i setti murari sono situati in modo tale da formare delle “scatole”, innescando così quello che in gergo tecnico viene definito “effetto scatolare”. Per far sì che si realizzi una scatola, occorrerà che i muri siano ben “collegati” tra loro.
Una delle tecniche più usate è l’inserimento di “Tiranti”. Si tratta di applicare delle barre metalliche da “tirare in opera” disposti nelle due direzioni principali del fabbricato, a livello dei solai e in corrispondenza delle pareti portanti, ancorati alle murature mediante “Capochiave”. I “Capochiave” possono essere di diversa forma e dimensione (a paletta, a piastra, etc.), importante è verificare la necessità di rinforzare la parte di muratura interessata dall’ancoraggio.
Potete vedere nelle immagini che seguono diversi tipi di “Capochiave” usati nelle ristrutturazioni. Nella prima foto alcune esempi della forma cosiddetta a “paletta”, mentre nella seconda alcuni esempi della forma cosiddetta a “piastra”.
Nell’immagine sottostante è possibile vedere il posizionamento di un tirante, in corrispondenza del solaio di piano e del muro portante ortogonale. In questo modo è possibile trasferire con maggior sicurezza la spinta indotta dal sisma, verso quegli elementi che in virtù della loro maggior rigidezza, sono più adatti a resistergli.
È intuitivo immaginare il migliore comportamento dell’edificio quando viene consolidato con “Tiranti”. Se non ci sono i “Tiranti”, sotto gli effetti dinamici del sisma, ogni parete tende a ruotare indipendentemente rispetto alle altre, assumendo quello che viene detto un “comportamento a carciofo” (vedi a) della figura sotto); la presenza dei Tiranti, che tiene unita la “scatola muraria”, fa si che lo spostamento dovuto al terremoto sia uniforme e unidirezionale per tutti gli elementi murari, si ha cioè l’“effetto scatolare” (vedi b) della figura sotto).
I “Tiranti” costituiscono anche un’ottima tecnica di consolidamento per incrementare la resistenza di una parete nel proprio piano. Nel caso in cui la parete è priva di tiranti, il comportamento può essere assimilato a quello riportato in a) della figura sotto, mentre se presenti a quello riportato in b) della stessa figura. In assenza di tiranti il comportamento della parete è assimilabile a quello a mensola, mentre se presenti, il comportamento è assimilabile a quello di un telaio. I tiranti cambiano radicalmente il comportamento di una parete nel proprio piano, tendendo a ridurre le sollecitazioni nei maschi murari. Di contro aumentano le sollecitazioni nelle fasce di piano le quali devono essere sottoposte a verifica.
Vediamo adesso l’immagine di un edificio in muratura dopo il terremoto dell’Aquila. Possiamo vedere come la buona “qualità muraria”, un buon “ammorsamento” fra i muri ortogonali e la presenza di “tiranti” abbia evitato il danneggiamento del fabbricato.
Un’altra tecniche per migliorare il collegamento tra i muri è la “Cerchiatura”; realizzata con elementi metallici o materiali compositi è posta in opera a “fasciare” il nostro edificio. Molto invasiva e brutta alla vista è di fatto poco utilizzata non perchè non sia efficace ma proprio per il suo impatto negativo sull’estetica del fabbricato, al contrario dei Capochiavi dei tiranti, poco invasivi e usati da tantissimi anni che ben si integrano sulle facciate degli edifici dei nostri centri storici.
La Terza Cosa da Fare per Rinforzare un Edificio al Terremoto: Ancorare e Irrigidire i Solai!
Dopo gli interventi sulle Murature vediamo adesso cosa occorre fare sui Solai. Come abbiamo già detto, ma non ci stancheremo mai di ripeterlo, nei fabbricati in muratura si ha una buona resistenza al terremoto quando i setti murari sono situati in modo tale da formare delle “scatole”, innescando così quello che in gergo tecnico viene definito “effetto scatolare”. Per far sì che si realizzi una “scatola”, occorrerà che i muri siano ben collegati tra loro e i solai siano rigidi e connessi alle pareti.
Per farvi un’idea guardate l’immagine sottostante. Un edificio con tutti i muri e i solai “cuciti” tra loro sarà in grado di rispondere al terremoto come un “corpo unico” offrendo così la massima resistenza all’evento sismico.
Nel recente passato, quando si ristrutturava un edificio in muratura, si interveniva sostituendo i solai in legno preesistenti con altri in laterizio e cemento, inserendo dei “cordoli” all’interno dei muri. Questo tipo di intervento però non ha prodotto l’atteso miglioramento del comportamento strutturale, anzi, in alcuni casi, dove la muratura non è stata adeguatamente consolidata, lo ha addirittura peggiorato.
L’inserimento dei cordoli, ottenuto “scassando” parte delle pareti, indebolisce il muro e lo carica in maniera eccentrica nonché, in generale, la sostituzione dei solai in legno con altri molto più pesanti in cemento armato, peggiora la situazione, in considerazione del fatto che a masse maggiori corrispondono anche forze sismiche maggiori.
Dopo gli ultimi eventi sismici si è potuto constatare anche un effetto di “martellamento” del solaio sulle murature. Se osservate l’immagine sottostante vi potrete fare un’idea di quanto detto. Il solaio, muovendosi a causa del terremoto, batte sulla porzione di muro adiacente, indebolita a causa dell’inserimento del cordolo, facendola crollare.
Quindi, per quanto visto, si può concludere che è bene lasciare i nostri bei Solai in Legno!
Questi però sono stati costruiti senza alcun Criterio Antisismico. Le travi, semplicemente appoggiate nei muri, realizzano un collegamento funzionante solo per attrito e, in caso di azione sismica violenta, si “sfilano” dalle pareti, facendo crollare parte del solaio.
Quindi, per prima cosa, i solai in legno devono essere ancorati alle pareti ed essere poi irrigiditi in modo da poter trasferire e ripartire le Spinte Sismiche. Per farvi un’idea di quanto detto guardate le immagini sottostanti. Il comportamento del nostro edificio Prima e Dopo l’intervento antisismico.
Per ottenere solai in legno “rigidi” e “collegati” alle pareti esistono diverse tecniche la cui scelta è anche in funzione del livello di miglioramento sismico che si vuole ottenere.
Una tecnica molto usata è la cosiddetta “soletta collaborante”. L’intervento consiste nella realizzazione, sopra il tavolato del nostro solaio, di una soletta in calcestruzzo alleggerito di spessore superiore a 4 cm., armata con rete metallica elettrosaldata, connessa alle travi tramite “connettori”. Il collegamento alle murature avviene senza alcuna demolizione del muro, attraverso l’inserimento di “spinotti” ossia barre di acciaio ad aderenza migliorata fissate con iniezione di resine epossidiche.
Nelle immagini sottostanti potete vedere in sezione e pianta questa tecnica di intervento.
Un Ultima Cosa da Fare per Rinforzare un Edificio in Muratura al Terremoto: Cordoli, Irrigidimento e Controventamento delle Coperture!
Un ultima cosa di cui occuparsi è la copertura del nostro Edificio. Come abbiamo già accennato nel punto precedente riguardante i solai, realizzare un nuovo tetto in calcestruzzo armato al posto del preesistente in legno, non è una buona idea! In effetti questo tipo di intervento è stato utilizzato molto frequentemente negli scorsi anni ma si è visto, a seguito degli ultimi eventi sismici, che non solo non ha migliorato il comportamento sismico dell’edificio ma, addirittura, lo ha peggiorato, soprattutto dove non si era intervenuti contemporaneamente sulle murature e sui suoi collegamenti.
Quindi, lasciamo i nostri bei tetti in legno e vediamo quali sono gli interventi da realizzare per completare la nostra ristrutturazione antisismica. Nelle immagini che seguono potete vedere gli effetti che un tetto in legno produce sulle murature a seguito di un terremoto.
Le travi del tetto “martellano” le pareti lesionandole fino a farle crollare come nel caso sottostante.
In primo luogo, con lo scopo anche di migliorare il collegamento dei muri, occorrerà realizzare in sommità, come coronamento, un cordolo a cui agganciare tutte le travi. Quello di agganciare le travi è un aspetto molto importante, in quanto, durante la scossa di terremoto, queste si possono sfilare dai muri producendo il crollo del tetto.
A seconda del caso specifico, il cordolo può essere realizzato in diversi modi e materiali:
- in cemento armato, solo nel caso di altezze limitate per evitare eccessivi appesantimenti ed irrigidimenti
- in muratura armata, consentendo di realizzare il collegamento attraverso una tecnica volta alla massima conservazione delle caratteristiche murarie esistenti
- in acciaio, rappresentando una valida alternativa per la loro leggerezza e la limitata invasività, prestandosi particolarmente bene al collegamento delle travi di legno della copertura
Nell’immagine sottostante potete vedere un disegno schematico di come si realizza un cordolo in muratura armata.
A questo punto non rimane che irrigidire il nostro solaio di copertura. Questa operazione può avvenire in diversi modi, in funzione anche del livello di miglioramento sismico che si vuole ottenere:
- da sopra, all’estradosso, con tavolati in legno semplici o doppi, controventi diagonali in lamine metalliche o materiali compositi, soletta in calcestruzzo alleggerito collaborante
- da sotto, all’intradosso, con tiranti metallici
Nell’immagine sottostante potete vedere un caso di irrigidimento “estradossale” con bandelle metalliche messe in diagonale a controventare,
mentre, nella seguente, il caso di controventamento “intradossale” con tiranti metallici.